Sovente, per diletto, i marinai catturano degli albatri, grandi uccelli marini che seguono, indolenti compagni di viaggio, il bastimento scivolante sopra gli abissi amari. Appena li hanno deposti sulle tavole, questi re dell'azzurro, goffi e vergognosi, miseramente trascinano ai loro fianchi le grandi, candide ali, quasi fossero remi. Com'è intrigato, incapace, questo viaggiatore alato! Lui, poco addietro così bello, com'è brutto e ridicolo. Qualcuno irrita il suo becco con una pipa mentre un altro, zoppicando, mima l'infermo che prima volava. E il Poeta, che è avvezzo alle tempeste e ride dell'arciere, assomiglia in tutto al principe delle nubi: esiliato in terra, fra gli scherni, non può per le sue ali di gigante avanzare di un passo. Charles Baudelaire |
Sbarcodeimille è un fumetto, che cresce di giorno in giorno. E' una visione sarcastica e delirante della folle decadente Italia. E' un grido; è una scommessa. Sbarcodei1000 è un fumetto. La versione promo sarà scaricabile da questo blog.
domenica 1 maggio 2011
L'albatro
venerdì 8 aprile 2011
Considerazioni inattuali
Osserva il gregge che pascola davanti a te: non sa che cosa sia ieri, che cosa sia oggi: salta intorno, mangia, digerisce, salta di nuovo. È così dal mattino alla sera e giorno dopo giorno, legato brevemente con il suo piacere ed il suo dispiacere, attaccato cioè al piolo dell'attimo e perciò né triste né annoiato… L'uomo chiese una volta all'animale: "Perché mi guardi soltanto senza parlarmi della felicità?" L'animale voleva rispondere e dice: "Ciò avviene perché dimentico subito quello che volevo dire" – ma dimenticò subito anche questa risposta e tacque: così l'uomo se ne meravigliò. Ma egli si meravigliò anche di se stesso, di non poter imparare a dimenticare e di essere sempre accanto al passato: per quanto lontano egli vada e per quanto velocemente, la catena lo accompagna. È un prodigio: l'attimo, in un lampo è presente, in un lampo è passato, prima un niente, dopo un niente, ma tuttavia torna come fantasma e turba la pace di un istante successivo. Continuamente si stacca un foglio dal rotolo del tempo, cade, vola via – e improvvisamente rivola indietro, in grembo all'uomo. Allora l'uomo dice "Mi ricordo".
Nietzsche
Nietzsche
mercoledì 23 marzo 2011
"L'umanità, con tutta evidenza imperfetta, non ha ancora concluso il suo ciclo evolutivo. In un prossimo futuro, magari solo per comodità, i genitali dei due sessi saranno al posto oggi occupato dalla testa, e le bevute, sempre meno necessarie, le faremo sotto la cintura. Il che consentirà a giovani e meno giovani di incastrarsi a dovere senza preliminari romantici e senza quel defatigante armeggiare con cerniere lampo e bottoni. In altre parole, gli umani saranno in grado di stabilire quello che Forster chiamava "un semplice contatto" aspettando che scatti il verde al semaforo, in coda al supermercato, sulla panca di una sinagoga o di una chiesa. Tanto il brutale "fottere" quanto il più delicato "fare l'amore" lasceranno il posto alla "capocciata", e a frasi tipo "Oggi passeggiando per la Fifth Avenue ho incrociato una bona pazzesca, e le ho dato una bella capocciata".
L'aspetto sorprendente di questa evoluzione culturale è che i luoghi proibiti dove si daranno convegno i peccatori (sbottonandosi la patta o calandosi le mutande per fare due chiacchiere come si deve) non saranno più i bordelli, o casini che dir si voglia, ma le biblioteche, sotto costante minaccia di chiusura a opera della Buoncostume letteraria. E la nuova malattia sociale sarà l'intelligenza. Quando tutto questo accadrà, ricordati che per la prima volta lo hai letto qui".
La versione di Barney
Mordecai Richler
Se
Se riesci a conservare il controllo quando tutti
Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa;
Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti
Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;
Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare,
O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne,
O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall'odio,
E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio;
Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone;
Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;
Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina
E trattare allo stesso modo quei due impostori;
Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto
Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi
O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante,
E piegarti a ricostruirle con strumenti logori;
Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite
E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,
E perdere e ricominciare di nuovo dal principio
E non dire una parola sulla perdita;
Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi
A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tener duro quando in te non resta altro
Tranne la Volontà che dice loro: "Tieni duro!".
Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù,
E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,
Se non riesce a ferirti il nemico né l'amico più caro,
Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;
Se riesci a occupare il minuto inesorabile
Dando valore a ogni minuto che passa,
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
E - quel che è di più - sei un Uomo, figlio mio!
Rudyard Kipling
Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti
Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;
Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare,
O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne,
O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall'odio,
E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio;
Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone;
Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;
Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina
E trattare allo stesso modo quei due impostori;
Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto
Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi
O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante,
E piegarti a ricostruirle con strumenti logori;
Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite
E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,
E perdere e ricominciare di nuovo dal principio
E non dire una parola sulla perdita;
Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi
A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tener duro quando in te non resta altro
Tranne la Volontà che dice loro: "Tieni duro!".
Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù,
E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,
Se non riesce a ferirti il nemico né l'amico più caro,
Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;
Se riesci a occupare il minuto inesorabile
Dando valore a ogni minuto che passa,
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa,
E - quel che è di più - sei un Uomo, figlio mio!
Rudyard Kipling
mercoledì 16 marzo 2011
...l'idea universale...
"Per duemila anni l'Italia ha portato in sé un'idea universale capace di riunire il mondo, non una qualunque idea astratta, non la speculazione di una mente di gabinetto, ma un'idea reale, organica, frutto della vita della nazione, frutto della vita del mondo: l'idea dell'unione di tutto il mondo, da principio quella romana antica, poi la papale. I popoli cresciuti e scomparsi in questi due millenni e mezzo in Italia comprendevano che erano i portatori di un'idea universale, e quando non lo comprendevano, lo sentivano e lo presentivano. La scienza, l'arte, tutto si rivestiva e penetrava di questo significato mondiale. Ammettiamo pure che questa idea mondiale, alla fine, si era logorata, stremata ed esaurita (ma è stato proprio così?) ma che cosa è venuto al suo posto, per che cosa possiamo congratularci con l'Italia, che cosa ha ottenuto di meglio dopo la diplomazia del conte di Cavour? È sorto un piccolo regno dì second'ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale, ... un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un'unità meccanica e non spirituale (cioè non l'unità mondiale di una volta) e per di più pieno di debiti non pagati e soprattutto soddisfatto del suo essere un regno di second'ordine. Ecco quel che ne è derivato, ecco la creazione del conte di Cavour!".
Fedor Dostoevskij, 1873
Fedor Dostoevskij, 1873
lunedì 14 marzo 2011
venerdì 11 marzo 2011
Garibaldi Biscuits
La storia popolare vuole che i biscotti preferiti di Garibaldi siano stati inventati da Freans Peek. Questi biscotti nel 1861 presero il nome di Giuseppe Garibaldi. Il motivo per cui si è pensato che questi particolari biscotti, altrimenti noti come biscotti di uva passa, siano stati un tributo adeguato non sono ancora oggi a noi noti.
I Biscotti di Garibaldi, sono formati da 2 biscotti molto sottili e in mezzo viene riposto uno strato di marmellata di uva passa. La superficie dei biscotti è lucida e l’impasto non è friabile. E’ proprio la marmellata di uva passa ad ammorbidire i biscotti.
Non so quanto popolari siano questi biscotti oggi in Italia, ma sono molto tradizionali e ben noti sia in Inghilterra che in America.
Biscotti Garibaldi |
La ricetta ha soltanto cinque ingredienti (porzione minima):
- 60 g. di uva passa o altra frutta secca
- 1 pizzico di sale
- 30 g. di burro
- 120 g. di farina
- 30 g. di zucchero
- latte quanto basta
1. Prendere la frutta secca (uva passa, uva sultanina o una miscela). Mettere la farina e lo zucchero in una ciotola, sciogliere il burro evitando di far rimanere i grumi, quindi incorporare lo zucchero.
2. Aggiungere 1-2 cucchiai di latte per avere un impasto consistente e girare l’impasto su una spianatoia infarinata.
3. Stendere l’impasto in modo molto uniforme con lo spessore di 1,5 cm, tagliare a metà la sfoglia.
4. Cospargere la metà della sfoglia, in modo uniforme, con la frutta tritata e coprire con l’altra metà della sfoglia rimanente.
5. Infarinare leggermente la spianatoia e con il mattarello spianare la sfoglia ripiena fino a raggiungere uno spessore totale di 3,5 cm. mantenendo il più uniforme possibile tutto il composto.
6. Tagliare il tutto a forma di rettangoli, riporre i biscotti su una taglia (inserire un foglio di carta forno)
7. E cuocere a forno caldo 180°C per 20 minuti.
giovedì 10 marzo 2011
mercoledì 9 marzo 2011
Posta, Charles Bukowsky
la posta aumenta
lettera su lettere per dirmi
che grande scrittore
che sono
e poesie, romanzi,novelle
racconti, ritratti.
qualcuno chiede solo un autografo
un disegno, una parola.
altri propongono una corrispondenza
permanente.
io leggo mutto, butto tutto
faccio i miei affari
so bene che nessuno è
un "grande" scrittore,
può essere
stato,
ma scrivere è un´impresa
che ricomincia da capo
ogni volta
e tutti gli elogi,
i sigari, le bottiglie
di vino inviate
in tuo onore
non garantiscono
come sarà la riga succesiva,
e soltanto quella conta,
il passato è
inutile,
siede sulle ginocchia
degli dei
mentre i secoli
svaniscono
nel loro marcio
celere
sfarzo.
lettera su lettere per dirmi
che grande scrittore
che sono
e poesie, romanzi,novelle
racconti, ritratti.
qualcuno chiede solo un autografo
un disegno, una parola.
altri propongono una corrispondenza
permanente.
io leggo mutto, butto tutto
faccio i miei affari
so bene che nessuno è
un "grande" scrittore,
può essere
stato,
ma scrivere è un´impresa
che ricomincia da capo
ogni volta
e tutti gli elogi,
i sigari, le bottiglie
di vino inviate
in tuo onore
non garantiscono
come sarà la riga succesiva,
e soltanto quella conta,
il passato è
inutile,
siede sulle ginocchia
degli dei
mentre i secoli
svaniscono
nel loro marcio
celere
sfarzo.
martedì 8 marzo 2011
"Ad esempio a me piace il Sud" di Rino Gaetano, 1974
Ad esempio a me piace la strada
col verde bruciato, magari sul tardi
macchie più scure senza rugiada
coi fichi d'India e le spine dei cardi
Ad esempio a me piace vedere
la donna nel nero del lutto di sempre
sulla sua soglia tutte le sere
che aspetta il marito che torna dai campi
Ma come fare non so
Si devo dirlo ma a chi
se mai qualcuno capirà
sarà senz'altro un altro come me
Ad esempio a me piace rubare
le pere mature sui rami se ho fame
ma quando bevo sono pronto a pagare
l'acqua, che in quella terra e' più del pane
Camminare con quel contadino
che forse fa la stessa mia strada
parlare dell'uva, parlare del vino
che ancora e' un lusso per lui che lo fa
Ma come fare non so
Sì devo dirlo ma a chi
se mai qualcuno capirà
sarà senz'altro un altro come me
Ad esempio a me piace per gioco
tirar dei calci ad una zolla di terra
passarla a dei bimbi che intorno al fuoco
cantano giocano e fanno la guerra
Poi mi piace scoprire lontano
il mare se il cielo e' all'imbrunire
seguire la luce di alcune lampare
e raggiunta la spiaggia mi piace dormire
Ma come fare non so
Si devo dirlo ma a chi
se mai qualcuno capirà
sarà senz'altro un altro come me...
Rino Gaetano
guarda il video su YouTube
col verde bruciato, magari sul tardi
macchie più scure senza rugiada
coi fichi d'India e le spine dei cardi
Ad esempio a me piace vedere
la donna nel nero del lutto di sempre
sulla sua soglia tutte le sere
che aspetta il marito che torna dai campi
Ma come fare non so
Si devo dirlo ma a chi
se mai qualcuno capirà
sarà senz'altro un altro come me
Ad esempio a me piace rubare
le pere mature sui rami se ho fame
ma quando bevo sono pronto a pagare
l'acqua, che in quella terra e' più del pane
Camminare con quel contadino
che forse fa la stessa mia strada
parlare dell'uva, parlare del vino
che ancora e' un lusso per lui che lo fa
Ma come fare non so
Sì devo dirlo ma a chi
se mai qualcuno capirà
sarà senz'altro un altro come me
Ad esempio a me piace per gioco
tirar dei calci ad una zolla di terra
passarla a dei bimbi che intorno al fuoco
cantano giocano e fanno la guerra
Poi mi piace scoprire lontano
il mare se il cielo e' all'imbrunire
seguire la luce di alcune lampare
e raggiunta la spiaggia mi piace dormire
Ma come fare non so
Si devo dirlo ma a chi
se mai qualcuno capirà
sarà senz'altro un altro come me...
Rino Gaetano
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sabato 5 marzo 2011
I tuoi occhi...
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che tu venga all'ospedale o in prigione
nei tuoi occhi porti sempre il sole.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
questa fine di maggio, dalle parti d'Antalya,
sono così, le spighe, di primo mattino;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
quante volte hanno pianto davanti a me
son rimasti tutti nudi, i tuoi occhi,
nudi e immensi come gli occhi di un bimbo
ma non un giorno ha perso il loro sole;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che s'illanguidiscono un poco, i tuoi occhi
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
allora saprò far echeggiare il mondo
del mio amore.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
così sono d'autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
verrà giorno, mia rosa, verrà giorno
che gli uomini si guarderanno l'un l'altro
fraternamente
con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi.
Nazim Hikmet
che tu venga all'ospedale o in prigione
nei tuoi occhi porti sempre il sole.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
questa fine di maggio, dalle parti d'Antalya,
sono così, le spighe, di primo mattino;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
quante volte hanno pianto davanti a me
son rimasti tutti nudi, i tuoi occhi,
nudi e immensi come gli occhi di un bimbo
ma non un giorno ha perso il loro sole;
i tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
che s'illanguidiscono un poco, i tuoi occhi
gioiosi, immensamente intelligenti, perfetti:
allora saprò far echeggiare il mondo
del mio amore.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
così sono d'autunno i castagneti di Bursa
le foglie dopo la pioggia
e in ogni stagione e ad ogni ora, Istanbul.
I tuoi occhi i tuoi occhi i tuoi occhi
verrà giorno, mia rosa, verrà giorno
che gli uomini si guarderanno l'un l'altro
fraternamente
con i tuoi occhi, amor mio,
si guarderanno con i tuoi occhi.
Nazim Hikmet
giovedì 3 marzo 2011
L'11 gennaio 1994, Indro Montanelli lascia "il giornale" da lui fondato vent'anni prima...a seguito delle pressioni dovute alla discesa in politica di Berlusconi, proprietario del giornale. L'ultimo articolo di commianto di Montanelli.
Questo è l'ultimo articolo che compare a mia firma sul giornale da me fondato e diretto per vent'anni. Per vent'anni esso è stato - i miei compagni di lavoro possono testimoniarlo - la mia passione, il mio orgoglio, il mio tormento, la mia vita. Ma ciò che provo a lasciarlo riguarda solo me: i toni patetici non sono nelle mie corde e nulla mi riesce più insopportabile del piagnisteo. Sento però di dovere una spiegazione ai lettori coi quali mi ero impegnato a restare al mio posto "finchè morte non sopravvenga" come dicevano i boia inglesi nell'annodare la corda al collo degl'impiccandi. Sia chiara una cosa: nessuno mi ha scacciato.
Sono io che mi ritiro per una dei quelle situazioni d'incompatibilità di cui i lettori avranno preso atto dallo scambio di lettere, da noi pubblicate ieri, fra me e l'editore. Di questo editore, ne ho conosciuti due. Uno è stato l'amico che mi venne incontro nel momento in cui tutti mi voltavano le spalle: che non si è mai avvalso di questo titolo di credito per limitare la mia indipendenza, che ha sempre mostrato nei miei riguardi un rispetto confinante e talvolta sconfinante nella deferenza (tutte cose che era superfluo da parte sua ricordarmi perchè non ho mai perso occasione di farlo io stesso). Eppoi ne ho conosciuto un altro: quello che, trasformatosi in capo-partito, ha cercato di ridurre il Giornale ad organo di questo partito suggerendogli non soltanto le posizioni da prendere - e sulle quali non c'erano in fondo grosse divergenze - ma perfino il linguaggio da usare, e che, a lasciarlo fare, avrebbe finito per impormi anche la "divisa"del suo partito, il suo look.
Tralascio le rappresaglie contro la mia renitenza all'arruolamento, come gli attacchi dei suoi Grisi televisivi alla mia persona. Ma non posso sorvolare sull'ultima e più grave provocazione: la promessa alla redazione, alla mia redazione, di cospicui benefici se si fosse adeguata ai suoi gusti e desideri, cioè se si fosse ribellata a quelli miei. A questo punto non avevo più scelta. O rassegnarmi a diventare il megafono di Berlusconi. O andarmene.Me ne vado. Ma non senza avvertire i lettori che manterrò l'impegno preso con loro. Fra poche settimane essi riavranno il loro giornale, fatto dagli stessi uomini del Giornale, illustrato dalle stesse firme e nutrito delle stesse idee del Giornale. Con qualche difetto - speriamo - in meno, ma una cosa in più, di cui l'esperienza mi ha dimostrato l'assoluta necessità: un assetto azionario che mi garantisca l'incondizionata indipendenza. Anche i lettori potranno parteciparvi (e mi auguro che siano tanti) sia pure con quote piccole o minime.
Della nostra "linea" non abbiamo da cambiare una virgola. Nemmeno i nostri amici politici si facciano illusioni. Noi potremo appoggiare l'uno o l'altro a seconda che si schierino sulle nostre posizioni liberaldemocratiche, ma mai noi su quelle loro, e tanto meno a scatola chiusa. Nelle nostre pagine si respirerà, come sempre, il più grande rispetto per le Istituzioni, ma mai l'odore del Palazzo, da chiunque abitato. Quanto a Berlusconi, nessun rancore ci farà velo. Gli abbiamo detto - e confermiamo - che il suo massiccio e rumoroso intervento nell'arena elettorale non gioverà, secondo noi, nè alla causa per la quale egli pensa di battersi, e di cui temiamo che frazionerà ancora di più le forze, nè per i suoi propri interessi. I fatti diranno se avevamo ragione o torto. Se avevamo torto, lo riconosceremo lealmente. Se avevamo ragione, fingeremo di essercene dimenticati. A presto dunque, cari lettori.
Anche a costo di ridurlo, per i primi numeri, a poche pagine, riavrete il nostro e vostro giornale. Si chiamerà La Voce. In ricordo non di quella di Sinatra. Ma di quella del mio vecchio maestro - maestro soprattutto di libertà e indipendenza - Prezzolini.
Indro Montanelli
Sono io che mi ritiro per una dei quelle situazioni d'incompatibilità di cui i lettori avranno preso atto dallo scambio di lettere, da noi pubblicate ieri, fra me e l'editore. Di questo editore, ne ho conosciuti due. Uno è stato l'amico che mi venne incontro nel momento in cui tutti mi voltavano le spalle: che non si è mai avvalso di questo titolo di credito per limitare la mia indipendenza, che ha sempre mostrato nei miei riguardi un rispetto confinante e talvolta sconfinante nella deferenza (tutte cose che era superfluo da parte sua ricordarmi perchè non ho mai perso occasione di farlo io stesso). Eppoi ne ho conosciuto un altro: quello che, trasformatosi in capo-partito, ha cercato di ridurre il Giornale ad organo di questo partito suggerendogli non soltanto le posizioni da prendere - e sulle quali non c'erano in fondo grosse divergenze - ma perfino il linguaggio da usare, e che, a lasciarlo fare, avrebbe finito per impormi anche la "divisa"del suo partito, il suo look.
Tralascio le rappresaglie contro la mia renitenza all'arruolamento, come gli attacchi dei suoi Grisi televisivi alla mia persona. Ma non posso sorvolare sull'ultima e più grave provocazione: la promessa alla redazione, alla mia redazione, di cospicui benefici se si fosse adeguata ai suoi gusti e desideri, cioè se si fosse ribellata a quelli miei. A questo punto non avevo più scelta. O rassegnarmi a diventare il megafono di Berlusconi. O andarmene.Me ne vado. Ma non senza avvertire i lettori che manterrò l'impegno preso con loro. Fra poche settimane essi riavranno il loro giornale, fatto dagli stessi uomini del Giornale, illustrato dalle stesse firme e nutrito delle stesse idee del Giornale. Con qualche difetto - speriamo - in meno, ma una cosa in più, di cui l'esperienza mi ha dimostrato l'assoluta necessità: un assetto azionario che mi garantisca l'incondizionata indipendenza. Anche i lettori potranno parteciparvi (e mi auguro che siano tanti) sia pure con quote piccole o minime.
Della nostra "linea" non abbiamo da cambiare una virgola. Nemmeno i nostri amici politici si facciano illusioni. Noi potremo appoggiare l'uno o l'altro a seconda che si schierino sulle nostre posizioni liberaldemocratiche, ma mai noi su quelle loro, e tanto meno a scatola chiusa. Nelle nostre pagine si respirerà, come sempre, il più grande rispetto per le Istituzioni, ma mai l'odore del Palazzo, da chiunque abitato. Quanto a Berlusconi, nessun rancore ci farà velo. Gli abbiamo detto - e confermiamo - che il suo massiccio e rumoroso intervento nell'arena elettorale non gioverà, secondo noi, nè alla causa per la quale egli pensa di battersi, e di cui temiamo che frazionerà ancora di più le forze, nè per i suoi propri interessi. I fatti diranno se avevamo ragione o torto. Se avevamo torto, lo riconosceremo lealmente. Se avevamo ragione, fingeremo di essercene dimenticati. A presto dunque, cari lettori.
Anche a costo di ridurlo, per i primi numeri, a poche pagine, riavrete il nostro e vostro giornale. Si chiamerà La Voce. In ricordo non di quella di Sinatra. Ma di quella del mio vecchio maestro - maestro soprattutto di libertà e indipendenza - Prezzolini.
Indro Montanelli
Borghesia
...Craxi, Andreotti, il pentapartito, Ustica, il Dc9, la ProPatria campione d'Italia, la Juventus di Gheddafi e degli Agnelli. La fabbrica dell'Ilva, la Cuccarini, Ok il prezzo è giusto, Il Vajont, er colosseo, le guerre puniche, il fronte occidentale, la utilitarie anni settanta, la Moka Bialetti e i mondiali si Gigi Riva. Il cornetto, il quotidiano, le striscie pedonali, la mortadella, la minestrina al burro...si, sopratutto la minestrina al burro, su piatti di ceramica smaltata, cucchiaii d'argento, dietro finestre riparare da tende raffinate e vellutate. Nell'intima mancanza d'aria del salotto borghese benestante. Nell'asfissia reciproca, il tremore della mano che alla bocca innalza la cucchiaiata di minestra veleno, tremante di rabbia e di rancore.
Ma in Italia non c'è solo questo. C'è molto altro...
Ma in Italia non c'è solo questo. C'è molto altro...
lunedì 28 febbraio 2011
...la leggerezza
"...la leggerezza è qualcosa che si crea nella scrittura, con i mezzi linguistici che sono quelli del poeta..."
"La leggerezza...si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l'abbandono al caso"
ITALO CALVINO
"La leggerezza...si associa con la precisione e la determinazione, non con la vaghezza e l'abbandono al caso"
ITALO CALVINO
domenica 27 febbraio 2011
Santo! Santo! Santo! Santo! Santo! Santo! Santo! Santo! Santo!
di Allen Ginsberg
Santo! Santo! Santo! Santo! Santo! Santo! Santo!
Santo! Santo! Santo! Santo! Santo! Santo! Santo!
Il mondo è santo! L’anima è santa! La pelle è santa!
Il naso è santo! La lingua e il cazzo e la mano e il
buco del culo sono santi!
Tutto è santo! tutti sono santi! dappertutto è santo!
tutti i giorni sono nell’eternità! Ognuno è un angelo!
Il pezzente è santo come il serafino! il pazzo è santo
come tu mia anima sei santa!
Santo Peter santo Allen santo Solomon santo Lucien
santo Kerouac santo Huncke santo Burroughs
santo Cassady santi gli sconosciuti mendicanti
sodomiti e sofferenti santi gli orrendi angeli umani!
Santa mia madre nel manicomio! Santi i cazzi dei
nonni del Kansas!
Santo il sassofono gemente! Santa l’apocalisse del bop!
Santi gli hipsters di jazz & marijuana pace & streppa
& tamburi!
Sante le solitudini dei grattacieli e delle strade!
Sante le cafeterias piene di milioni! Santi i misteriosi
fiumi di lacrime sotto le strade!
Santo il juggernaut senza compagni! Santo il vasto
agnello della borghesia! Santi i pazzi pastori
della ribellione! Chi capisce Los Angeles E’ Los Angeles!
Santa New York Santa San Francisco Santa Peoria e
Seattle Santa Parigi Santa Tangeri Santa Mosca
Santa Istambul!
Santo tempo nell’eternità santa eternità nel tempo
santi gli orologi nello spazio santa la quarta di-
menzione santa la quinta Internazionale santo
l’Angelo del Moloch!
Santo il mare santo il deserto santa la ferrovia santa
la locomotiva sante le visioni sante le allucinazioni
santi i miracoli santa la pupilla santo l’abisso!
Santo perdono! pietà! carità! fede! Santi! Nostri!
corpi! sofferenza! magnanimità!
Santa la soprannaturale ultrabrillante intelligente
gentilezza dell’animo!
1955
(tratto da “Jukebox All’idrogeno”, Guanda edizioni)
Santo! Santo! Santo! Santo! Santo! Santo! Santo!
Santo! Santo! Santo! Santo! Santo! Santo! Santo!
Il mondo è santo! L’anima è santa! La pelle è santa!
Il naso è santo! La lingua e il cazzo e la mano e il
buco del culo sono santi!
Tutto è santo! tutti sono santi! dappertutto è santo!
tutti i giorni sono nell’eternità! Ognuno è un angelo!
Il pezzente è santo come il serafino! il pazzo è santo
come tu mia anima sei santa!
Santo Peter santo Allen santo Solomon santo Lucien
santo Kerouac santo Huncke santo Burroughs
santo Cassady santi gli sconosciuti mendicanti
sodomiti e sofferenti santi gli orrendi angeli umani!
Santa mia madre nel manicomio! Santi i cazzi dei
nonni del Kansas!
Santo il sassofono gemente! Santa l’apocalisse del bop!
Santi gli hipsters di jazz & marijuana pace & streppa
& tamburi!
Sante le solitudini dei grattacieli e delle strade!
Sante le cafeterias piene di milioni! Santi i misteriosi
fiumi di lacrime sotto le strade!
Santo il juggernaut senza compagni! Santo il vasto
agnello della borghesia! Santi i pazzi pastori
della ribellione! Chi capisce Los Angeles E’ Los Angeles!
Santa New York Santa San Francisco Santa Peoria e
Seattle Santa Parigi Santa Tangeri Santa Mosca
Santa Istambul!
Santo tempo nell’eternità santa eternità nel tempo
santi gli orologi nello spazio santa la quarta di-
menzione santa la quinta Internazionale santo
l’Angelo del Moloch!
Santo il mare santo il deserto santa la ferrovia santa
la locomotiva sante le visioni sante le allucinazioni
santi i miracoli santa la pupilla santo l’abisso!
Santo perdono! pietà! carità! fede! Santi! Nostri!
corpi! sofferenza! magnanimità!
Santa la soprannaturale ultrabrillante intelligente
gentilezza dell’animo!
1955
(tratto da “Jukebox All’idrogeno”, Guanda edizioni)
giovedì 24 febbraio 2011
Sbarco dei mille
Non è un paese per vecchi, ma non è neppure un paese per beat, per ubriaconi fine anni trenta. Non è un paese per autostoppisti, massaie, contabili, pigliainculo, discotecari, omosessuali, vigili urbani, panettieri, mulatti, creme dopo sole, sottilette, sordi, bolognesi, trombettisti, angeli in divisa, Maria de Filippi, suonatori di armonica e sax, poeti, santi e navigatori, piastrellisti, postini, Zimbauwe, comunisti, chitarristi, artisti da palcoscenico, codardi, truffatori e minatori; non è un paese per dirimpettai, disillusi, cantanti d'opera, soubrette anni ottanta, speranze fallite e minestre riscaldate. Non è un paese per Cavour e Garibaldi, per i Di nino e le tombole sotto al panettone.
Non è un paese, soprattutto; noi siamo un niente mescolato col nulla, oggi anno domini 2011, in cui con superbia ci lanciamo sulle sponde del mediterraneo.
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